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Una “scienza sovversiva” ? Ecologia, wilderness e Tao

 

Più volte, nel corso del bel libro di Serenella Iovino, Filosofie dell'ambiente. Natura, etica, società (Carocci 2004, n.e. 2008, pp. 159), l'ecologia è definita una “scienza sovversiva”. E le cose, ahimè, stanno proprio così: parlare di etica, di rispetto per l'ambiente, di rapporto orizzontale tra uomo e natura è paradossalmente sovversivo, o perlomeno controtendenza. Sappiamo bene che la tendenza è consumare, aumentare il PIL, sfruttare tutte le energie disponibili sul territorio. Sul fronte opposto, per fortuna, esiste però da molto tempo una fertile discussione culturale sulle relazioni tra natura e civiltà, uomo e diversità, e il cui obiettivo è la ricerca di nuove frontiere del vivere comune nel rispetto non solo dell'umanità, ma di tutte quelle “risorse” che sono in realtà altre forme di vita (la biotic community ).

  L'autrice traccia una storia puntuale e affascinante del pensiero filosofico relativo all'ambiente e dei principali movimenti ecologici. Se è solo a partire dagli anni '40 che, con Aldo Leopold, si inizia a parlare di etica della terra ( land ethic ) e poi negli anni '70 di deep ecology , è in realtà da molto tempo addietro – basti pensare al termine greco physis, al latino ambiens e all'americano wilderness – che ci si interroga sui rapporti tra l'uomo e ciò che lo circonda. Ma mentre il mondo orientale e quello dei nativi erano improntati a un maggiore rispetto per la terra e i suoi cicli e possedevano uno sguardo “olistico”, il mondo occidentale – con rare eccezioni: l'autrice cita i trascendentalisti americani Emerson e Thoreau – ha sempre prediletto dinamiche gerarchiche, imperialistiche, capitaliste e coloniali, e solo di recente è approdato – almeno in parte – a una vera e propria coscienza ecologica.

  Sono molte le opere e gli autori citati da Iovino. Da Man and Nature di George Perkins Marsch a Silent Spring di Rachel Carson, dalla tradizione antropocentrica di Kant all'irruzione del Tao nella moderna environmental ethics , da Albert Schweitzer a Paul Taylor, dal sentiensism di Peter Singer alla ecosofia di Arne Naess, questo volume offre una panoramica interessante, aggiornata e stimolante delle principali tendenze filosofiche nel campo dell'etica e dell'estetica ambientale, anche se in sottofondo occhieggia sempre l'inquietante e drammatica realtà della situazione mondiale, spesso mascherata sotto il velo sviante del “progresso”.

  La parola d'ordine del testo è: responsabilità . A essa si fa riferimento costante quando si parla di sostenibilità, eco-compatibilità, senso di appartenenza, ecofemminismo, social ecology , fino all' ecocriticism in campo letterario. E il concetto di responsabilità porta (o dovrebbe portare) con sé l'equivalenza di giustizia ambientale e giustizia sociale, andando a toccare punti delicatissimi quali il razzismo ambientale, lo smaltimento dei rifiuti, la condizione femminile nei paesi in via di sviluppo, l'androcentrismo, ecc.

  Il libro, che unisce un grande rigore scientifico a un linguaggio comprensibile e piacevole anche per i non addetti ai lavori, è corredato di numerose note e di un'ottima bibliografia suddivisa nei vari capitoli. Vale davvero la pena di leggerlo, e iniziare a guardarci intorno in modo diverso. (a.c.)

 

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